Wu Ming 2: il laboratorio di scrittura collettiva meticcia in tempi di pandemia


A fine gennaio scorso avevamo fatto qualche domanda a Wu Ming 2, coordinatore del Laboratorio di scrittura interculturale-collettiva meticcia Prima gli italiani? Movimenti migratori e identità meticce, per poter conoscere meglio questo importante progetto nato nel 2007 dalla collaborazione tra l'Associazione Eks&Tra e l’Università di Bologna. Si era pensato a un aggiornamento in itinere per parlare insieme dell’edizione 2020 prima della fine degli incontri programmati in calendario. A maggior ragione, dopo quanto è avvenuto negli ultimi mesi, ci è parso importante approfondire con Wu Ming 2 la specificità dell’esperienza di quest’anno.

L'emergenza sanitaria degli ultimi mesi ha sicuramente influenzato la modalità di realizzazione del laboratorio. Puoi dirci come lo avete organizzato?

Siamo riusciti a incontrarci in aula solo due volte, prima che l’Università chiudesse. Poi, per alcune settimane, abbiamo mantenuto i contatti soltanto attraverso la posta elettronica, con l’assegnazione di qualche esercizio di scrittura individuale. Devo dire che a quel punto ero sicuro che il laboratorio fosse finito, perché lo abbiamo sempre concepito come un momento conviviale, dove ci si trova intorno ai tavoli, si fanno esperimenti, si mescolano le carte, si prende spunto da una frase per illustrare un’intera teoria narratologica, e tutto questo era chiaramente impossibile con la famigerata Didattica a Distanza. Tuttavia, sentivamo dai loro messaggi che i gruppi ci tenevano a continuare il lavoro, magari con altre forme. Alcuni si erano già ritrovati in chat, altri avevano condiviso i testi su piattaforme on line. Così ci siamo dati un primo appuntamento su una piattaforma per videoconferenze. Niente a che vedere con quel che facciamo di solito in aula, questo va detto senza inganni: l’interazione è ridotta, sequenziale, frontale. Mi sono limitato a illustrare alcune tecniche narrative e a dare istruzioni su come applicarle nella scrittura collettiva. Poi i gruppi - in tutto 8 - hanno sviluppato i loro testi e con ciascuno di loro, in corso d’opera, mi sono incontrato “a distanza” almeno 3 o 4 volte: questi sono stati i momenti davvero laboratoriali, perché in quel caso, con 4/5 persone, è molto più semplice interagire, collaborare, confrontarsi. In parallelo, abbiamo mantenuto anche gli appuntamenti collettivi, dove dare via via nuove istruzioni e suggerimenti, discutendo dei problemi comuni ai vari gruppi. 

Come era composto quest'anno il gruppo-classe? Puoi darci informazioni su nazionalità, lingua madre, fascia d'età e genere dei partecipanti?

Una quarantina di persone, per lo più giovani tra i 22 e i 25 anni, ma con una buona rappresentanza anche di trenta/quarantenni e un picco over 60. Le lingue madri rappresentate sono l’arabo, lo spagnolo, il tedesco, l’albanese, il portoghese brasiliano, l’italiano, l’inglese. Uomini e donne direi al 50%. Rispetto al passato, sicuramente abbiamo avuto meno nazionalità diverse, per i problemi che già avevo illustrato nell’intervista precedente. In compenso, sono aumentati gli italiani figli di stranieri. 

Dunque siete riusciti a realizzare alcuni incontri in presenza prima del lockdown:  quanto e come sono stati utili per la prosecuzione del lavoro a distanza?

I due incontri di febbraio sono serviti almeno a introdurre il tema del laboratorio, le sue finalità e soprattutto a formare i gruppi. Senza questo, non credo proprio che saremmo riusciti a iniziare il lavoro e a portarlo a termine.

Come avete poi concretamente organizzato le sedute successive? Chi e come ti ha affiancato nella gestione?

Il professor Fulvio Pezzarossa ha condotto il laboratorio insieme a me, mentre Filippo Milani, docente dell’Università, non ha potuto partecipare alla fase a distanza. È stato molto importante non essere da solo in quest’esperienza perché se lo fossi stato, di sicuro avrebbe prevalso in me lo scetticismo e avrei ritenuto impossibile proseguire il laboratorio.

Quando concluderete i lavori e quando sarà possibile leggere almeno una sintesi dei testi prodotti?

Siamo ormai arrivati alle battute finali: i testi sono definitivi, mancano solo le bozze e la loro correzione. Credo che in settembre, come ogni anno, potremo pubblicare l’e-book con tutti i racconti sul sito dell’associazione Eks&Tra. Speriamo poi di poterlo presentare dal vivo, in libreria e in altre occasioni.

Credi che quest'esperienza, dettata da necessità, possa insegnare qualcosa per le prossime edizioni?

Ci insegna che l'interazione creativa tra le persone non è riproducibile a distanza, se non a piccoli gruppi e a costo di molte fatiche. Se mi chiedessero di ripetere l’esperienza in queste forme, non accetterei. La mole di lavoro e lo sforzo organizzativo sono eccessivi. Inoltre, se fossimo partiti fin da subito “a distanza”, senza nemmeno incontrarci le prime due volte, credo che il laboratorio sarebbe naufragato in fretta. Quindi evviva, siamo riusciti a completare l’esperienza in maniera positiva, ma non dimentichiamoci che s’è trattato di un’emergenza, e tale deve rimanere.   

Carla Babini

[29 maggio 2020]


Wu Ming 2 fa parte fin dalle origini del gruppo di narratori con base a Bologna che, con lo pseudonimo Luther Blissett, ha pubblicato nel 1999 il romanzo Q, tradotto in quindici lingue. Al collettivo, che ha poi assunto il nome di Wu Ming,  si devono cinque romanzi scritti a più mani e due raccolte di racconti, oltre a saggi, fumetti, spettacoli teatrali, e alla sceneggiatura del film Lavorare con lentezza, con la regia di Guido Chiesa. Wu Ming 2 è autore di romanzi "solisti" (Guerra agli Umani e Timira), reportage di cammini e sentieri, monologhi teatrali (Razza Partigiana) e documentari storici (51).