Politiche per il cibo

Parlare di politiche per il cibo implica un approccio all’alimentazione che rientri nella pianificazione urbana del territorio al fine di predisporre infrastrutture del cibo e organizzarle in base anche a finalità di sostenibilità sociale, ambientale, ed economica. Secondo le proiezioni dell’Organizzazione delle Nazioni Unite oltre il 50% della popolazione mondiale è concentrata in insediamenti urbani e nel 2050 questa percentuale è destinata a salire al 68%, soglia che in Italia è già stata superata rendendo la domanda di cibo nelle città sempre maggiore con la conseguenza di un’impellente necessità di una pianificazione dei sistemi alimentari. Confrontando i dati dei centri di ascolto Caritas del periodo maggio-settembre 2019 con lo stesso periodo del 2020 si rileva che da un anno all’altro l’incidenza dei “nuovi poveri” passa dal 31% al 45%: quasi una persona su due, che oggi si rivolge alla Caritas, lo fa per la prima volta. Anche i numeri resi pubblici nel mese di giugno dall’ISTAT sulla povertà in Italia confermano che la situazione di emergenza sociale è stata aggravata dalla pandemia. Oltre due milioni di famiglie vivono in condizioni di grave deprivazione materiale che impedisce loro di rispondere ai propri bisogni essenziali, necessari a condurre una vita dignitosa. Gli indicatori che evidenziano una mancanza crescente di accesso a un cibo adeguato portano alla luce un diritto al cibo violato. Il decreto ristori e il decreto sostegni hanno stanziato 900 milioni di euro che sarebbero dovuti essere distribuiti dai comuni; azioni che spesso sono state e sono rallentate a causa di lungaggini burocratiche. Falle del welfare tamponate da volontarie e volontari del terzo settore. 

A Ravenna, nel 2015, è stato avviato il progetto “Nutrire Ravenna”, sostenuto dal Comune attraverso l’assessorato ai Servizi sociali; successivamente, l’iniziativa, che ha preso il nome di Ecologia di Comunità, ha ampliato la rete dei diversi soggetti aderenti che lavoravano fra loro con l’obiettivo di accrescere la consapevolezza sullo spreco alimentare e sul diritto al cibo nel territorio, coinvolgendo le intere filiere alimentari (dalla trasformazione alla distribuzione), intercettando il bisogno e cercando di sviluppare ogni possibile forma di contrasto alle nuove povertà alimentari. Il progetto, fin dalla nascita, si proponeva di avviare un contrasto alla povertà alimentare dando avvio alla realizzazione di tre obiettivi principali: il piatto sospeso, una cucina popolare e un osservatorio sulla povertà nel Comune di Ravenna.

L’ipotesi di realizzare una cucina popolare a Ravenna prende spunto da un’idea nata a Bologna per rispondere ai concreti bisogni di nuovi poveri e condivisa da un gruppo di volontarie e volontari che già lavoravano in supporto alle persone: tra queste la cooperativa Piazza Grande che dal 1993 perseguiva modelli di intervento sociale che miravano a uscire da logiche esclusivamente assistenzialistiche, favorendo lo sviluppo delle capacità individuali della Persona senza Dimora. Nel 2014 viene costituita l’associazione CiviBo e l’anno successivo, nel quartiere della Bolognina, è aperta la prima “Cucina popolare”. Un progetto realizzatosi grazie, tra gli altri, a Roberto Morgantini. Nel 2015 è stata aperta la prima mensa che offriva un pranzo gratuito per due giorni alla settimana. L’anno successivo è arrivata una seconda e quello dopo ancora una terza. Gli utenti vengono segnalati dai Servizi Sociali e dall’azienda sanitaria sul territorio sulla base dei bisogni più urgenti. Il funzionamento del progetto è articolato, ma semplice: c’è chi si occupa della raccolta alimentare tramite una rete di supermercati, mercati e il Banco Alimentare per poter preparare i pasti, chi si occupa della cucina e chi aiuta con il servizio. Nel 2019, sono stati serviti 60.000 pasti grazie al contributo di quasi duecento volontari che si impegnano assiduamente perché il progetto funzioni, affiancati da ancor più persone che sostengono con il proprio tempo e le proprie risorse le Cucine Popolari. Sono spazi in cui si cerca di intrecciare la lotta contro lo spreco alimentare, la sostenibilità e l’azione contro la povertà e l’esclusione sociale. 

L’idea delle cucine popolari avviata a Ravenna ha subito un arresto. È auspicabile che i diversi attori che si sono impegnati a portare avanti il progetto superino le difficoltà di carattere attuativo seguendo in ciò il buon esito di Bologna. Sempre riguardo a queste tematiche, Daniela Biondi di Caritas Ravenna, nelle settimane scorse, in un’intervista rilasciata al settimanale d’informazione e cronaca della provincia di Ravenna «Sette sere», ha annunciato la prossima apertura di un emporio per indigenti presso uno stabile in ristrutturazione acquistato da Caritas nazionale in via Narsete e di una mensa, sempre per indigenti, presso il complesso di Santa Teresa con gestione affidata alla Caritas. 

È indispensabile che su tutto il territorio nazionale continui il lavoro di sollecitazione sulle istituzioni, affinché queste elaborino efficaci strategie di contrasto alla povertà alimentare, supportate da risorse adeguate. Tra le proposte concrete dovrà rientrare anche quella di garantire l’accesso universale a bambine e bambini alle mense scolastiche e anche di inserire nella prossima Legge di Bilancio un fondo di solidarietà alimentare che disponga di nuove risorse addizionali e che tenga presente la crisi attuale. 

Marina Mannucci 
[luglio 2021]

Per la foto: credit Marina Mannucci