Farewell Amor: danzare la vita

Ci sono piccole, toccanti differenze nel modo in cui Walter, rifugiato angolano negli Stati Uniti, la moglie Esther e la figlia adolescente Sylvia vivono il loro incontro, dopo 17 anni di separazione, nella sala arrivi dell’aeroporto JFK di New York. 

Una storia di “ordinaria” migrazione in un paese cha ha accolto, secondo i dati ufficiali dell’ONU, più di 51 milioni di persone (circa il 19% sul totale mondiale), ma peculiare e straordinaria come ogni storia, se osservata da vicino.   

La scena iniziale di Farewell amor descrive, focalizzando i diversi punti di vista, il ricongiungimento di un nucleo familiare reso infine possibile dal permesso di soggiorno atteso, senza mai perdere la speranza, per quasi un ventennio. 

Il titolo è solo in apparenza in contrasto con il complesso riavvicinamento di tre individui divenuti reciprocamente estranei a causa della distanza, ma allude indubbiamente anche alla forzata separazione da Lynda, compagna di Walter nell’infinito tempo dell’attesa. 

Il primo lungometraggio di Ekwa Msangi, artista statunitense di origine keniota, dopo essere stato presentato con successo al Sundance Film Festival, è ora visibile anche in Italia sulla piattaforma Mubi. 

Si tratta di un’opera illuminante sul tema delle migrazioni e più in generale sulla necessità di mantenere vivo il processo di conoscenza di sé e dell’altro a dispetto delle separazioni e dei conflitti che la vita ci riserva.
Lo sguardo della regista, guidandoci con paziente sapienza alla scoperta dei tre protagonisti, riesce a trasportare fuori dal tempo, rendendola emblematica e simbolica, una piccola storia familiare descrivendone nei dettagli la quotidianità e il suo essere profondamente ancorata al presente. 

Scopriremo dunque, alternando i punti di vista dei personaggi, che le differenze tra le loro esperienze e aspettative sono aumentate nel tempo, fino a parere inconciliabili. 

Magistrale il tocco della regia nel descrivere l’imbarazzo sotteso ai mille tentativi di adattarsi con rispetto alla convivenza, nel piccolo e soffocante appartamento di Brooklyn in cui Walther accoglie moglie e figlia.

Ognuno di loro nasconde segreti, o meglio difende con pudore la propria identità, cresciuta nella distanza reciproca. Rifugiandosi nel passato, sotto lo scudo protettivo di esperienze tenute vive dal ricordo, essi paiono incapaci di andare oltre un rapporto di formale gentilezza che rimarca le loro assolute solitudini. 

Eppure qualcosa di fortemente ancorato alle radici della loro terra li accomuna e permette un lento riavvicinamento reciproco, grazie al linguaggio non verbale mutuato dalla musica. 

La passione per la danza permette a Walter di sopravvivere alla faticosa routine di taxi-driver frequentando locali densi di atmosfera un po’ retrò dove si mantiene viva la tradizione di kizomba e semba, sensuali balli di coppia. 

In un’interessante intervista Ekwa Msangi, appassionata di danza centro-africana, riconosce nella ricchezza e varietà degli stili musicali un veicolo primario di trasmissione culturale e ci svela il loro ruolo in Farewell Amor. 

Ad esempio, la kizomba, un ballo popolare con ritmi evocativi delle isole caraibiche francesi, rappresenta la perfetta sintesi del rapporto tra Walter e Esther.
Simile alla salsa o alla bachata ha però la particolarità di prevedere l’improvvisazione dei passi da parte dell’uomo che deve tendere alla sintonia assoluta con la partner, con movimenti eleganti e sensuali. Per Msangi è dunque chiara metafora del tentativo lento e progressivo di una coppia che sta cercando i passi, il ritmo e l’armonia per ricostruire una relazione. 

Per Sylvia invece il kuduro rappresenta una risposta alle sue inquietudini e rivalse di adolescente. Nato in Angola negli anni ’80, stile poi diffuso e praticato in tutto il mondo, vive dell’incontro tra ritmi afro-caraibici e contaminazioni fra dance e hip-hop, consentendo ai giovani di esprimersi in modo diretto e personale, anche su temi forti quali la violenza domestica, le diseguaglianze sociali, il razzismo. 

La passione per la danza aiuta Sylvia ad inserirsi gradualmente nella difficile realtà del presente a New York e riavvicina passo dopo passo padre e figlia. La musica come linguaggio universale riuscirà a ricongiungere anche Esther al suo passato con Walter, aprendola alla possibilità di un dialogo nel presente. 

Farewell Amor ci accompagna nel viaggio intergenerazionale di una famiglia che tenta di elaborare il trauma di una lunga separazione costruendo un fragile, ma condiviso futuro. L’esperienza specifica di migranti angolani si trasforma in un tema universale che ci offre la possibilità di aprirci a ciò di cui abbiamo più bisogno in questa fase storica: la speranza. 

In tempi di pandemia ci aiuta a riconsiderare il tema della distanza, forzata da eventi esterni, e a riflettere sul percorso necessario per riconquistare forme di comunicazione autentica, in un “noi” ritrovato.

Carla Babini

[gennaio 2021]