20 anni dopo

Tutto cominciò per alcuni di noi, sicuramente per chi scrive, venti anni fa, nel 1998, al convegno all’Hotel Mocadoro di Ravenna, molto vicino al Deserto Rosso di cinematografica memoria, con un titolo quasi poetico: ‘Il Villaggio Globale e l’Erranza del Migrare’.

Era la vigilia del 25 aprile e l’inattesa, massiccia presenza e partecipazione di individui di varie nazionalità e organizzazioni ci fecero capire che il lavoro di preparazione di quell’incontro andava a riempire uno spazio fino ad allora inesplorato.

Il sindacato Cgil, la Caritas e la Cooperativa Il Mappamondo di Ravenna iniziarono in quella primavera un percorso di analisi e conoscenza di una realtà, l’immigrazione, che oggi è presente agli occhi di tutti noi, interagisce con la nostra vita sociale quotidiana, naturalmente non solo a livello locale. È una situazione con cui per i prossimi mesi e anni dobbiamo convivere, dobbiamo tentare di dare risposte razionali e umane, rifiutando quelle demagogiche e populiste che ci stanno assordando da mezza Europa in nome di una pretesa difesa della razza (Italy First?) che non è mai esistita.

Il Mare Nostrum Mediterraneo da unione di differenze storiche sta diventando un enorme macabro cimitero multietnico. Negli ultimi anni gli egoismi europei hanno lasciato l’Italia sola a fronteggiare la situazione degli sbarchi dall’Africa e dei salvataggi in mare aperto di migliaia di disperati. In questi mesi la stessa tenuta dell’Europa è in crisi, con tutti contro tutti, con la paura che viene suscitata e usata a piene mani da diversi governi, non ultimo quello italiano.

Ma torniamo a un breve riassunto della nostra storia: gli atti e le relazioni del convegno, assieme a una flow chart da archeologia informatica con i nomi dei partecipanti (che conserviamo gelosamente) ci ripresentano oggi gli stessi punti di dibattito (e a volte scontro) all’interno del panorama sociale e politico: il lavoro, la formazione, l’istruzione, la salute, i luoghi dell’abitare, le donne immigrate, una differenza in più.

Due anni dopo, nell’autunno del 2000, il fotografo Luciano Nadalini fece la spola tra Bologna e Ravenna per dare vita a un progetto fotografico, un volume ed una mostra dal titolo: ‘Ravenna – immigrazione: un mondo a parte?’. Una sezione iniziale del libro presenta foto scattate a Lido Adriano, alla scuola elementare Iqbal Masih. Abbiamo ritrovato da poco alcuni di quei bambini e bambine che ora sono adulti e sono rimasti nel nostro territorio, mentre altri hanno preso la strada di altre regioni e nazioni, e abbiamo cercato di capire le loro storie.

Ancora 2 anni dopo, nell’autunno del 2002, un progetto di partecipazione dei cittadini immigrati (alla Casa delle Culture) con interviste a testimoni significativi e leader delle associazioni portò alla individuazione di espo- nenti ‘stranieri’ nel Consiglio comunale di Ravenna, con regolare campagna elettorale ed eletti nell’assemblea cittadina.

Una nota per noi importante: abbiamo lavorato perché Ravenna diventasse sede della C.I.L.S., la Certificazione di italiano come lingua straniera, grazie a una convenzione firmata diversi anni fa con l’Università per Stranieri di Siena, che permette a chi sostiene e supera gli esami anche di esercitare una professione riconosciuta e qualificata nel nostro Paese.

Nel 2007 / 2008 un altro amico fotografo, Luca Gambi (incontrato per caso da chi scrive a Sarajevo) lavorò per mesi a riempire di immagini ‘La Vita degli Altri’, un nuovo progetto fotografico che, assieme ad ‘Album di Famiglia’ (anche con l’aiuto del nostro amico albanese Sokol Palushaj, approdato anni prima sulle coste pugliesi, e di Latifa Bouamoul, marocchina, presidente della Associazione Amici) attraversò con la mostra e il volume mezza Italia, da Ravenna a Roma, Siena, Milano, Bologna, Verona, Reggio Emilia, Udine, con puntate a Berlino e a Vienna negli Istituti Italiani di Cultura.

I fatti recenti ci hanno spinto ad aggiornare e provare a capire lo stato delle cose, non solo nella nostra provincia ma anche andando in giro per il Paese, a San Ferdinando in Calabria e a Ventimiglia.

Con questa pubblicazione intendiamo dare i numeri (quelli veri) per smentire le tesi sulla ‘invasione’; inoltre vogliamo collegarci alle campagne per la concessione della cittadinanza (Ius Soli) ai circa 800.000 giovani che ora sono nella terra di nessuno e che noi consideriamo italiani a tutti gli effetti.

Il contributo di Paolo Montanari al nostro progetto si occupa di numeri, ma non in modo arido e asettico: dietro ci sono sempre le persone, quelle che abbiamo fotografato nel corso degli anni, quelle che ci hanno prestato le loro foto per l’Album di famiglia, quelle che hanno anche cambiato la nostra identità. E le sue conclusioni sono basate sulla forza delle cifre reali, sia a livello locale che nazionale: ne consegue che la prima cosa da sconfiggere è l’ignoranza di chi grida più forte e di chi fa la voce grossa sapendo di mentire.

C’è una illuminante e amara vignetta di Altan sulla ‘necessità’ della paura: a noi pare che in questa estate 2018 senza ‘circenses’, leggi i mondiali di calcio con l’Italia assente e ‘panem’ che scarseggia, leggi le condizioni di vita materiale che si abbassano, in presenza di almeno 5 milioni di persone in povertà assoluta e svariati altri milioni sulla soglia di povertà (Dossier Caritas - Futuro anteriore), la strategia che da mesi è in campo sia la individuazione di un nemico da criminalizzare, per non affrontare altri nodi e politiche che peggiorano la vita quotidiana a milioni di individui.

Per tutto ciò, contiamo su un attivo risveglio delle coscienze e delle intelligenze, contro i fomentatori di odio razziale che richiamano i tristi periodi dell’Italietta che gonfiava i muscoli: sappiamo come è finita...

Qui vorrei, prima di chiudere, analizzare brevemente alcune questioni, tentando di smontare alcuni luoghi comuni:

La crisi sta finendo 

Fino a quando continueranno le guerre (spesso alimentate dalle armi di alcuni paesi europei, in primis il Regno Unito) migliaia di profughi saranno costretti a fuggire in misura crescente. L’esito fallimentare delle cosiddette primavere arabe ha contribuito ad ingrossare le masse in movimento da sud verso il miraggio europeo.

Richiedenti asilo’ o ‘Migranti economici’? 

È possibile distinguerli in un mondo in cui la globalizzazione è un processo molto disomogeneo?

Come ha raccontato a Daniel Trilling del ‘Guardian’, Caesar, un ragazzo del Mali arrivato in Sicilia, «non è che uno porta stampata in fronte la parola ‘rifugiato’ e un altro l’espressione ‘migrante economico’».

La crisi è una minaccia ai valori europei 

C’è una certa dose di ipocrisia in questa affermazione, quando si pensa a come le potenze europee si sono espanse per secoli nel mondo, costituendo imperi coloniali in Asia, Africa e Americhe e sottraendo le ricchezze ai popoli locali, quando non assoggettandoli in uno stato di schiavitù.

Di solito nel nostro Paese si additano le colpe della perfida Albione, di Francia e Germania e si cerca di rifarsi una verginità col mito (appunto fal- so) dell’Italiano buono nelle colonizzazioni africane. (Amnesy International non è un refuso tipografico ... anche se amnesia è quello corretto, sia in inglese che in italiano).

Paesaggio post-transizione: un dossier di Le Monde Diplomatique (giugno 2018) analizza gli spostamenti da est a ovest nell’Europa del dopo muro di Berlino. Rimandiamo alla attenta lettura di questo dossier, che denuncia lo spopolamento di vaste regioni degli ex Paesi socialisti, e ci limitiamo qui alla battuta che circola in Europa orientale sul saldo naturale e quello migratorio (entrambi negativi) di questi Paesi: ‘La cosa più dura del comunismo è stata la fine del comunismo’.

Maurizio Masotti

                                                                        

Dopo l’università (Lingue e letterature straniere) a Bologna ha viaggiato, lavorato e vissuto in vari Paesi europei, americani e dell’Africa settentrionale. Dal 1998 ha lavorato per diversi anni nel campo dell’immigrazione in Emilia-Romagna come formatore linguistico e conduttore di corsi per insegnanti italiani e adulti immigrati. È stato coordinatore e curatore dal 2000 di progetti con vari fotografi italiani (Luciano Nadalini, Stefano Pacini, Roberto Canò, Nancy Motta, Luca Gambi). Dal 2013 al 2016 è vissuto a Londra e ha lavorato come volontario in campo fotografico per diverse Charities con immigrati e rifugiati (progetto My Journey con Migrant Resource Centre di Pimlico e NHS di Westminster). Ha pubblicato 3 suoi libri fotografici, Controvento (2011), Overseas oltremare altrimari (2015) e before/after brexit (2016).              

www.mauriziomasotti.com