No CPR né a Ferrara né altrove

Si è svolta a Ferrara il 2 marzo la manifestazione regionale contro i CPR (Centri di permanenza per i rimpatri), che ha visto coinvolte diverse realtà a partire dai promotori Cittadini del Mondo e rete No CPR Emilia Romagna, CGIL e COBAS, fino al centro sociale La Resistenza, e che ha contato la partecipazione di oltre 2mila persone tra rappresentanti della società civile e dell’associazionismo. Sotto una pioggia finissima tante e tanti hanno sfilato da Piazza Poledrelli, passando per il centrale Viale Cavour, l’arteria che divide in due la città, per arrivare infine a Piazza Castello, dove si sono radunati quanti hanno aderito all’iniziativa. 

NO CPR Nè a Ferrara Nè altrove, questo lo slogan del corteo, che ha attraversato pacificamente la città dove a giugno si terranno le elezioni amministrative e dove già da ottobre era iniziato uno studio di fattibilità in linea con le intenzioni del governo. 

Ma cosa sono i Centri di Permanenza per i Rimpatri? Sono, di fatto, luoghi di detenzione in cui vengono rinchiusi, spesso per mesi e mesi, i migranti senza documenti. Ci sono uomini e donne arrivati in Italia con un regolare permesso di lavoro, che poi hanno perso il posto e che quel permesso non possono rinnovarlo. Ci sono uomini e donne che hanno chiesto asilo e non lo hanno avuto. Altri ancora hanno scontato una pena e aspettano il rimpatrio nel CPR, che è un’altra condanna. Non si entra in un CPR per aver commesso reati. Chi ha commesso reati va in carcere. Non si entra in un CPR perché pericolosi.

Purtroppo, però, è vero il contrario: parliamo di uomini e donne che, dopo avere lasciato la propria famiglia, la casa, la lingua, le abitudini di vita per sfuggire a guerre, siccità e persecuzioni, dopo avere affrontato viaggi pericolosi e degradanti e avere cercato inutilmente un futuro migliore per sé e per i propri figli, si ritrovano prigionieri senza una ragione. 

Prigionieri di una struttura che presenta gravi problemi: abbandono, disordine, abuso di psicofarmaci, autolesionismo, suicidi. A queste persone manca una vera tutela legale e non ci sono cure mediche adeguate, come ha confermato la Corte di Cassazione (sentenza 26801/23). Inoltre spesso vengono rinchiuse in una struttura lontana, isolate da amici e familiari. E restano in questa condizione, a impazzire senza far nulla, per mesi e mesi. 

Ma mentre nelle carceri esiste una normativa chiara, con un’autorità giudiziaria che controlla le modalità detentive, nella detenzione amministrativa la situazione è diversa: legislativamente, c’è un’assenza di regolamentazione delle modalità di trattenimento. Anche le norme UE hanno poco materiale utile, in quanto si parla sempre di informazioni generiche, con solo qualche precisazione su famiglie e minori. 

In sostanza, persone che non hanno commesso alcun reato vengono detenute in condizioni spesso inumane, in strutture che costano carissime allo Stato e di conseguenza a tutti noi. Per riportare a casa queste persone occorrono soldi, mezzi, personale e soprattutto accordi con gli stati di provenienza. Attualmente l’Italia ha accordi soltanto con cinque paesi, mentre i paesi interessati sono più di 80. 

Per questo in tante e tanti abbiamo detto No al CPR a Ferrara e altrove: perché non vogliamo vivere in una città dove persone innocenti sono costrette a vivere rinchiuse in condizioni disumane. Vogliamo una città aperta che rispetti la dignità umana di ciascuno e di tutti perché “la nostra libertà comincia dove comincia quella degli altri”. 

Eva Beccati
[marzo 2024] 

Eva Beccati nasce a Ferrara dove frequenta il Liceo Classico L. Ariosto. A 19 anni si trasferisce a Bologna per iniziare il percorso universitario alla Facoltà di Lettere e Filosofia dove si laurea in Storia dell'arte contemporanea. Pur essendosi stabilita nel capoluogo emiliano continua a trattenere fitti rapporti con le realtà antagoniste del CSA Dazdramir, nel cui collettivo milita fino al 2000. Una volta laureatasi inizia uno stage presso la Home Gallery MLB a Ferrara. Attualmente insegna Lettere negli Istituti Superiori.

Foto credits: Luca Pasqualini